lunedì 19 marzo 2012

Auguri papà !

Certo che ne sono passati di anni da quando , in quei filmini accanto alla millecento, mi tenevi in braccio e mi facevi giocare. Quanta acqua passata sotto i ponti, quante traversie nella tua, nella mia vita ; quanta felicità e quanti dolori sono passati in più di quarant'anni. 

Erano gli anni sessanta quando tu sei diventato papà , il duemila quando lo sono diventato io. Quarant'anni che separano due modi di essere padre profondamente diversi. Ma non è della mia paternità che volevo scrivere, ma della tua. 

Volevo scrivere di un padre che, da piccolo, vedevo poco perché era sempre in viaggio, a lavorare, a fare un lavoro che io, nella mia piccola mente di bambino sognavo come qualcosa di importante , di grande. Mio papà andava per mare, era un ufficiale. Crescevo con mia madre ma la tua figura c'era sempre: nelle telefonate, nelle lettere, in quella mattina in cui inaspettato sei tornato dall'Olanda e mi hai portato uno dei primi Meccano. In Italia non c'erano ancora. O come hai portato, un giorno, il primo giradischi della mia vita sul quale ho inciso le prime parole su un disco. 

Dimmi, papà, lo avresti mai pensato che quel giradischi avrebbe fatto nascere un sogno in tuo figlio ? Un sogno che sarebbe diventato realtà, che avrebbe fatto di me un professionista del microfono. 

Certo ti ho fatto ammattire. Tu e mamma probabilmente, in qualche momento, avrete pensato che vostro figlio maggiore avrebbe preso una strada pessima. Poca voglia di studiare e un animo ribelle che non voleva sottostare a regole, quella della scuola, che non permettevano al mio lato creativo di uscire. 

Preferivo la radio, il microfono, i dischi e quella stanzetta di una radio anni 80. Scappavo dalle aule per andare a trasmettere. E voi due soffrivate. Ricordo il giorno che sei venuto a prendermi : ero stato bocciato. Io lo sapevo , e forse lo sapevi nell'inconscio anche tu che sarebbe successo. Non furono botte : ma il tuo sguardo mi fece capire molte cose. 

Avevi molte ambizioni per la mia vita, come io ora le ho per quella di mia figlia. Ora so cosa si prova a vedere crescere un figlio e a temere per quello che sarà di lui o lei. 

Spero di non averti deluso, papà.  Spero che i nostri scontri di un tempo ti abbiamo fatto semplicemente capire di aver cresciuto un uomo libero, che sa ragionare con la sua testa, che ha saputo prendere per mano la sua vita e portarla li dove, forse, desiderava. 

Oggi ti vedo anziano ma ancora combattivo, un po' più curvo ma sempre attento. Riconosco ancora in te quell'uomo della millecento. 

Sono qui ora, la vita mi ha portato lontano da voi e non sono mai stato un tipo da smancerie. I miei sentimenti qualche volta restano chiusi a doppia mandata nel mio cuore : troppe volte quando l'ho aperto qualcuno è entrato e ha fatto male, molto male. Tu lo sai : è anche grazie al vostro aiuto che oggi posso dire di essere soddisfatto della mia vita , almeno in una buona percentuale. 

Volevo dirti "grazie" , papà. Perché resti testardo e talvolta difficile da comprendere, ma sei stato, sei e sarai sempre il mio "ufficiale". 

martedì 6 marzo 2012

Cattivik

Ogni tanto scrivo. Quando il tempo me lo consente, quando la stanchezza non mi chiude gli occhi alle 9 della sera, quando non c'è qualche preventivo da correggere, qualche mail da mandare, qualche messaggio a cui rispondere. 

Scrivo e stasera mi piacerebbe scrivere della cattiveria gratuita, quella che fa parte del dna di alcune persone e che neppure la pinza del dentista riuscirebbe ad estirpare. 

C'è chi nasce cattivo e cattivo resta. O chi lo diventa per motivi sconosciuti ai più. Chi lo fa per darsi un tono, per sentirsi importante, perché l'unico modo che ha di contare a questo mondo è fare del male al prossimo. 

Non capisco. Sarà che qualche decina di libri di filosofia orientale letti nella mia vita mi hanno fatto piacevolmente abituare all'idea del karma, ma sinceramente non capisco la cattiveria. Non crediate di avere a che fare con un asceta o con un moralizzatore. No : capisco la durezza, l'asprezza del carattere, l'ispessimento del cuore; ma quelle sono altre cose. 

La cattiveria è ferire solo per il gusto di farlo, senza un fine logico, con magari anche la convinzione di agire nel modo giusto, di essere dalla parte della ragione. 

Ecco : forse oltre i cattivi, anche quelli che hanno sempre ragione non li capisco. Mai riuscito ad avere sempre ragione. 

Sarà che non sono mai stato cattivo, o perlomeno non sono mai riuscito ad esserlo: per indole ma da qualche tempo per scelta. "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te." Chi l'ha detto ( e Lui ne sapeva qualcosa) dovrebbe essere ascoltato di più : non solo per sfoggiare il vestito nuovo o il Suv alla messa della domenica. 

Il Buddha (un altro che ne sapeva qualcosa) disse "Non sarete puniti per la vostra rabbia, ma dalla vostra rabbia". 

Per scelta non odio più nessuno. E non sono cattivo. Deciso, alle volte intransigente, motivato, forse acido talvolta. Ma la cattiveria la lascio volentieri a chi ha tempo da dedicarle. 

E tempo per affondare con essa.